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Ci sarà un processo in appello per l’uomo che, a Torino, è stato condannato a un anno e sei mesi per il brutale pestaggio sull’ex compagna ma è stato assolto dall’accusa di maltrattamenti perché, come è riportato nella sentenza, insulti e minacce erano da "calare nel contesto". E’ stato Cesare Parodi, procuratore aggiunto nel capoluogo piemontese a capo del pool che si occupa dei reati contro le ’fasce deboli’, ad annunciare in una intervista su La7 che l’ufficio ha presentato ricorso. La donna, 44 anni, il 28 luglio 2022 fu investita da un’esplosione di violenza tale che per la ricostruzione del volto i medici utilizzarono 21 placche di titanio. In aula la pm Barbara Badellino aveva chiesto 4 anni e mezzo. Il tribunale, però, ha dichiarato l’imputato colpevole solo di lesioni: non tanto l’aggressione, ma gli altri comportamenti sono da inquadrare nella "dissoluzione della comunità domestica", perché la donna aveva deciso di troncare, senza mezze misure, un rapporto ventennale. Ed è qui che la sentenza, redatta da un giudice (il collegio era composto anche da due donne), manifesta "umana comprensione". Parodi (che è anche presidente dell’Anm) osserva che in questi processi "spesso ci sono delle assoluzioni perché il reato di maltrattamenti ha una fattispecie estremamente indefinita". Ma poi aggiunge di essere stato "molto colpito", così come la sua collega, dalle parole tracciate sulla sentenza. "Lo posso dire - afferma - perché è un oggetto dell’impugnazione: si tratta del linguaggio utilizzato. Chiederemo alla Corte d’appello se questo genere di argomentazione, che a me pare non in linea con quei principi espressi anche dalla Corte europea, proprio sui criteri di valutazione, sia o meno condivisibile". Il tribunale di Torino, investito da una raffica di polemiche e da una richiesta di atti da parte della commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, trova un difensore negli avvocati della Camera penale del Piemonte occidentale, che manifestano "preoccupazione di fronte a una campagna mediatica e politica che, fondandosi su conoscenze imprecise o volutamente distorte, attenta all’indipendenza dei giudici". E criticano la "narrazione distorta" e i commentatori che "aizzano il popolo social ignorando il reale contenuto di una sentenza" mentre "il giudice deve avere la libertà di decidere indipendentemente dalla volontà popolare o del politico di turno: chi mira a violarne la libertà attacca le fondamenta dello stato di diritto".
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