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In Piemonte è polemica per il blocco della legge di iniziativa popolare sul fine vita. Il centrodestra, che guida la Regione ha infatti bloccato l’iter della legge.

La soluzione dal presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia, esponente della Lega e oppositore del provvedimento, è stato una pregiudiziale di costituzionalità.

Approvandola, la maggioranza ha impedito alla legge di arrivare alla discussione e al voto, vanificando le 11mila firme raccolte dalla petizione popolare.

Al primo tentativo di votazione, durante la mattinata di ieri, la maggioranza non aveva il numero legale. Ma nel pomeriggio la pregiudiziale di costituzionalità è stata approvata.


"Ritengo - ha spiegato Allasia - che il provvedimento violi l’articolo 117 della Costituzione, in quanto gli atti di disposizione del corpo, tra i quali rientra il suicidio assistito, incidono su aspetti essenziali dell’identità e dell’integrità della persona, e richiedono uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale. Inoltre l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali rientrano nella competenza esclusiva dello Stato".

Per il capogruppo del Pd Raffaele Gallo, "la dichiarazione d’incostituzionalità votata dalla destra è per noi illegittima e strumentale. Il Piemonte ha perso l’occasione di dare voce alle tante persone che hanno chiesto alla politica di dare regole a un diritto già acquisito".

"Quanto accaduto - interviene la capogruppo M5s, Sarah Disabato - grida vendetta: il centrodestra con una goffa acrobazia normativa ha mandato al macero la proposta di legge. E l’ha fatto con un espediente per permettere alle forze di maggioranza di non doversi esporre".

"La mia posizione etica e morale su questo tema è nota, ma oggi le mie considerazioni sono state dettate esclusivamente da vizi e criticità giuridiche". Così il presidente del Consiglio regionale del Piemonte Stefano Allasia, presentatore della pregiudiziale costituzionale che oggi ha fatto saltare il voto sulla legge di iniziativa popolare sul fine vita.

"La scelta delle minoranze di richiamare in Aula il provvedimento interrompendo l’iter in Commissione - afferma Allasia - ha di fatto costretto a porre questa inevitabile pregiudiziale".
"Dicono a noi - aggiunge - di non aver preso in considerazione le 11mila firme e di averle cestinate, ma la loro volontà di intestarsi la legge per logiche di propaganda ha determinato uno scenario che non poteva essere diverso".
"Proprio perché personalmente ho sempre avuto una grande considerazione di tutte le persone che hanno sottoscritto la proposta di legge - spiega - era stato proposto di attendere qualche mese, e con l’insediamento della nuova legislatura riprendere la discussione, non disperdendo le firme raccolte. E nel frattempo presentare un atto di indirizzo al Parlamento per chiedergli di legiferare sulla materia. Ma è stato invano".

"Non siamo - sottolinea Allasia - né irresponsabili, né insensibili. Non credo sia un caso che nessuna Regione abbia deciso di deliberare sul tema: quando si parla di vita e di morte non può non esserci il pronunciamento dello Stato".

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