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Davanti alla Corte d’Assise ad Asti, si è conclusa la requisitoria del pubblico ministero Stefano Cotti nel caso di Piero Pesce, accusato dell’omicidio del figlio Valerio, avvenuto nel novembre del 2022 nell’appartamento di famiglia a Canelli. Il pm ha chiesto una condanna a ventuno anni di reclusione per l’imputato, tenendo conto delle conclusioni della perizia psichiatrica che ha evidenziato una semi infermità mentale di Pesce, diagnosticata con una grave depressione poco prima dell’omicidio, durante un ricovero presso il Reparto di Psichiatria dell’ospedale astigiano.

Nonostante la gravità del reato, il pubblico ministero ha deciso di non richiedere l’ergastolo, il massimo della pena prevista per l’omicidio volontario, e ha escluso anche l’aggravante della premeditazione. Secondo il medico legale, Valerio è stato colpito con un coltello da cucina per ben cento volte mentre dormiva, prima di essere adagiato sul pavimento e coperto con un lenzuolo. Subito dopo, Piero Pesce ha telefonato ai carabinieri confessando il delitto e dichiarando di voler togliersi la vita.

Dalle indagini è emerso che Valerio aveva problemi con l’alcol e il gioco d’azzardo, mentre il padre Piero affrontava un periodo di disperazione e rabbia, aggravato dalla morte della moglie avvenuta cinque anni prima dopo una lunga malattia. Questo contesto emotivo e familiare complesso è stato preso in considerazione durante il processo.

La difesa di Piero Pesce è affidata all’avvocato Carla Montarolo, mentre la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Elisabetta Chinaglia, ha rinviato l’udienza per le eventuali repliche e l’emissione della sentenza a maggio.

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