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Dal Politecnico a Palazzo Nuovo, passando per il dipartimento di Fisica: l’"intifada" studentesca arriva anche nelle università torinesi, con annunci di occupazioni e proteste diffuse in diverse sedi universitarie, che culmineranno nel corteo di sabato 18 maggio, organizzato dal collettivo "Torino per Gaza" per i 76 anni della Nakba, l’esodo forzato dei palestinesi dai territori occupati. 

Da questa mattina, lunedì 13 maggio, alcune decine di studenti hanno installato delle tende nel cortile del Politecnico di Torino, per manifestare contro l’invio di armi a Israele e la collaborazione degli atenei torinesi con le istituzioni e le università di Tel Aviv. Dietro la protesta ci sono i collettivi Cambiare rotta e Collettivo universitario autonomo. Le lezioni proseguono regolarmente. Gli studenti si sono accampati in tenda e nel frattempo hanno esposto striscioni con la scritta "Tende contro la complicità di politecnico e governo con il genocidio". "Anche noi come numerosissime altre città italiane - hanno spiegato - ci siamo mobilitati, visti tutti i rapporti che l’università intrattiene con le aziende belliche e come sta evolvendo la situazione di sterminio del popolo palestinese da parte di Israele. Il governo sta cercando di aumentare i livello generale di repressione che noi studenti stiamo vivendo in questo periodo" hanno aggiunto.

Tende anche a Palazzo Nuovo, dove campeggia lo striscione con la scritta "Student intifada, all eyes on Rafah stop guerre e genocidio", circondato dai fumogeni colorati. Tra gli organizzatori della protesta i collettivi Cambiare rotta, Collettivo autonomo universitario e Progetto Palestina. "Sono passati più di duecento giorni - hanno spiegato - dall’invasione di Gaza e dall’inizio del genocidio. Dal 7 ottobre abbiamo visto come le nostre istituzioni hanno mostrato solo complicità al genocidio. I media mainstream ancora parlano del diritto di difesa di Israele. Le università italiane continuano a lavorare con le aziende belliche che distruggono Rafah e Gaza. A Torino gli studenti e le studentesse sono in mobilitazione per dimostrare che gli studenti e le studentesse sono a fianco della Palestina per chiedere un embargo militare immediato a Israele. Gli studenti e le studentesse di Torino lottano al fianco del Popolo palestinese". Una delegazione dei manifestanti è entrata poi all’interno di una serie di aule per spiegare al microfono le ragioni della protesta. Le lezioni sono state quindi interrotte per qualche minuto, per riprendere poi regolarmente.

Fanno eco a questi slogan le parole dei giovani riuniti presso il dipartimento di Fisica. Sono stati appesi sulla facciata dell’edificio gli striscioni "Intifada studentesca, Fisica occupata, Palestina libera" e "All eyes on Rafah", entrambi con disegnata la bandiera palestinese. "Considerato il momento storico in cui viviamo - spiega al megafono fuori dall’ingresso una studentessa per chiarire le ragioni dell’occupazione - è nata spontaneamente da un gruppo di studenti di Fisica di Torino la necessità di intraprendere un percorso di riflessione e lotta sul ruolo e sulle responsabilità della scienza all’interno delle dinamiche coloniali e belliche. Come comunità scientifica sentiamo il bisogno di interrogarci su questi temi e prendere una posizione forte sulla complicità del mondo accademico nel genocidio palestinese. Dopo 76 anni di occupazione, dopo le ricolte del 7 ottobre Israele ha giustifica il percorso di pulizia etnica ai danni del popolo palestinese. Dal 7 ottobre sono morti più di 34.000 palestinesi, di cui circa 15.000 bambini, senza contare tutte le persone disperse e ferite. Quello a cui stiamo assistendo è un vero e proprio genocidio e il silenzio delle istituzioni e del mondo accademico è assordante e complice". "Nel 2023 - afferma - l’Italia ha venduto armi a Israele per un valore di 13,7 milioni di euro. Queste morti sono sulla nostra coscienza. In quanto studenti di Fisica è essenziale una nostra presa di coscienza sul ruolo della scienza nell’industria bellica. La stessa scienza che studiamo non è asettica e non può più essere apolitica. Senza di noi alcune atrocità non si potrebbero compiere".

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