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Un recente caso legale ha portato alla ribalta il dibattito sulla legittimità della normativa anti-Covid, contestata dai ricorrenti fin dalle sue basi, a partire dalla dichiarazione di "stato di emergenza nazionale" del 31 gennaio 2020. Gli stessi hanno denunciato di essere stati "costretti a comportamenti non desiderati in modo ricattatorio", senza ottenere benefici tangibili nel contenimento dell’epidemia.
La Presidenza del Consiglio, da parte sua, ha sollevato l’eccezione del "difetto di giurisdizione", sostenendo che l’attività legislativa rientra nell’esercizio del potere politico e, pertanto, non può essere valutata da un giudice onorario, ma eventualmente dalla giustizia amministrativa, come il Tar o il Consiglio di Stato.
Tuttavia, il giudice del tribunale di Alessandria ha espresso un’opinione differente. A suo avviso, non si trattava di invadere il campo della sovranità legislativa, ma di accertare un eventuale illecito civile. Inoltre, contrariamente a quanto stabilito da altre sentenze, ha riconosciuto come legittima la chiamata in causa della Presidenza del Consiglio, affermando la sua "legittimazione passiva".
Nel suo giudizio, il magistrato ha sottolineato che il diritto alla salute non può prevalere in modo assoluto sugli altri diritti fondamentali e ha evidenziato gli "aspetti inquietanti" delle misure emergenziali. Tra questi, l’obbligo imposto alle persone di sottoporsi a trattamenti farmacologici descritti come "sperimentali o comunque non approvati in via definitiva". Ha inoltre citato dati secondo i quali, in alcuni Paesi che non hanno adottato severe misure di confinamento domiciliare, si sono registrati tassi inferiori di contagi e mortalità.
Alla fine, il tribunale ha stabilito un risarcimento simbolico di dieci euro per ciascun ricorrente, come riconoscimento del "danno dinamico-relazionale e morale" subito. La sentenza, seppur limitata negli effetti pratici, rappresenta un ulteriore capitolo nella complessa discussione sull’equilibrio tra diritti fondamentali e misure straordinarie adottate durante l’emergenza sanitaria.