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Un anno fa la Corte Costituzionale ha riconosciuto definitivamente il diritto dei detenuti a godere di incontri intimi con i propri partner e a ricevere i familiari in un contesto di privacy. Tuttavia, a distanza di 12 mesi, non sono stati presi provvedimenti concreti per dare attuazione a questa sentenza. La denuncia arriva dalla Camera penale del Piemonte Occidentale, che ha fatto il punto sulla situazione a Torino.
Il tema in questione riguarda il diritto all’affettività, che non si limita esclusivamente alla possibilità di avere rapporti sessuali, ma include anche la possibilità di abbracciare un figlio o un genitore anziano in modo riservato, lontano dagli sguardi di altri detenuti e senza la presenza di agenti di polizia o estranei. Questo diritto è già stato riconosciuto in altri paesi europei, come Francia e Belgio, dove gli istituti penitenziari si sono attrezzati di conseguenza. In Italia, invece, si continua a dibattere, chiedendosi se il problema sia legato alla carenza di strutture o alla mancanza di volontà politica.
Per superare l’indifferenza delle istituzioni coinvolte (governo, parlamento, ministeri, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), la Camera penale, attraverso il presidente Roberto Capra, ha deciso di chiedere la collaborazione della magistratura di sorveglianza. Il garante regionale per i detenuti, Bruno Mellano, ha invece scritto ai direttori delle 13 carceri del distretto piemontese per sollecitare l’attuazione della sentenza. "Non si tratta di creare ’camere dell’amore’ o di introdurre prostitute nelle carceri – ha spiegato – ma semplicemente di dedicare uno spazio per colloqui non visibili".
In riferimento alla situazione a Torino, l’avvocato Davide Mosso ha proposto una soluzione: adattare l’Icam (Istituto a Custodia Attenuata per Madri) già presente nella struttura, trasferendo le sue ospiti in una casa famiglia.
L’avvocata Emilia Rossi ha sottolineato come la Corte Costituzionale abbia fornito indicazioni precise su cosa fare, ma ha anche espresso stupore per l’indifferenza mostrata dalle autorità. Per il presidente Capra, la situazione riflette una mentalità "medievale" sulla detenzione, in contrasto con il principio costituzionale che tutela la dignità umana.