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Ad avviare un’attività imprenditoriale in Italia sono rimasti solo gli stranieri. Negli ultimi dieci anni tra il 2013 e il 2023 la città metropolitana di Torino ha registrato un aumento delle aziende a guida straniera di oltre 9mila unità a fronte di poco più di 30mila chiusure di aziende torinesi. Sempre in questo decennio, la variazione assoluta più importante ha interessato la città metropolitana di Milano con un aumento delle aziende a guida straniera di oltre 30mila unità. Torino si posiziona al quarto posto della classifica nazionale con 34mila attività. Sono questi alcuni dati contenuti nel dossier dal titolo “Ad aprire le imprese sono rimasti solo gli stranieri. O quasi” realizzato dalla CGIA di Mestre. “Un movimento in progressiva espansione, quello dell’imprenditoria immigrata- commenta Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – inoltre la crescita delle imprese con titolari stranieri non si limita a un semplice aumento numerico, ma abbraccia una trasformazione profonda di settori chiave”.
“La via dell’impresa si conferma una delle modalità attraverso le quali gli stranieri giunti nel nostro territorio possono integrarsi nel nostro sistema economico e sociale – aggiunge De Santis - allora vale la pena di ricordare che, oltre alle politiche di accoglienza, devono essere messi in campo strumenti e politiche di integrazione. Per questo l’immigrazione va governata, non subita”. “Il lavoro è strumento di inclusione e servono programmi di formazione per accrescere le competenze dei lavoratori stranieri – ricorda De Santis - tra questi il supporto all’avvio dell’attività imprenditoriale, dove le Associazioni di Categoria possono giocare un ruolo importante per chi vuole aprire una nuova impresa”.
L’analisi settoriale nazionale di Confartigianato ha esaminato numerose evidenze sulla presenza degli stranieri nel mercato del lavoro e nel mondo delle imprese: nel 2024 in Italia risiedono 5,3 milioni di cittadini stranieri, pari quasi al 9% della popolazione residente totale. Gli occupati stranieri tra 15 e 64 anni in Italia sono poco più di 2 milioni, pari al 10% del totale dell’occupazione. Le entrate di lavoratori immigrati previste dalle imprese non agricole con dipendenti rappresentano il 19% delle entrate previste, con una difficoltà di reperimento del 54%. Il 21% del fabbisogno occupazionale previsto tra il 2024 e il 2028 è ricoperto entrate di lavoratori stranieri che in Italia rappresentano il 6,5% del totale dei lavoratori indipendenti. E Tra le persone con cariche nelle imprese nate in un paese straniero, si legge nel report, prevalgono quella nate in Romania e Cina con il 10%, Marocco e Albania con l’8% e Bangladesh con quasi il 5% del totale.
Gli occupati stranieri possono svolgere un ruolo cruciale in risposta alle attuali difficoltà delle imprese italiane nel trovare personale qualificato e alla prevista riduzione della popolazione in età lavorativa. Un’ordinata gestione dei flussi di migrazione e adeguate politiche di inclusione possono ridurre alcune criticità presenti nei processi di integrazione.

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