Pubbliredazionale Il solare orbitale sempre più concreto - solexpert.it
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Produrre energia solare fuori dall’atmosfera non è più un concetto teorico: sta diventando un campo di ricerca strategico per le principali potenze mondiali. Dalle prime celle solari installate sui satelliti negli anni ’50 alle attuali piattaforme sperimentali, il fotovoltaico orbitale viene oggi considerato una possibile risorsa energetica stabile e continua. Studi recenti e programmi internazionali confermano che questa tecnologia potrebbe influenzare profondamente la futura sicurezza energetica globale.

 

Un potenziale energetico strategico per l’Europa

Secondo uno studio del King’s College di Londra, pubblicato su Joule, l’energia solare prodotta nello spazio e trasmessa alla Terra potrebbe assumere un ruolo decisivo per il sistema energetico europeo.

Analizzando il modello RD1 della NASA (uno dei due concept per sistemi fotovoltaici orbitanti previsti in funzione entro il 2050) i ricercatori stimano una riduzione fino all’80% del fabbisogno energetico rinnovabile terrestre, con una contemporanea diminuzione di oltre due terzi delle necessità di accumulo in batterie.

L’impatto economico sarebbe ugualmente rilevante: la simulazione indica un possibile taglio fino al 15% dei costi complessivi del sistema energetico europeo, pari a 35,9 miliardi di euro l’anno.

Uno dei motivi di tale efficienza risiede nella stabilità della fonte solare orbitale: in assenza di nuvolosità, cicli giorno-notte o rischi climatici, i pannelli operano in condizioni ideali e continuative.

 

Come si raccoglie l’energia solare nello spazio

Il modello prevede il posizionamento di grandi superfici fotovoltaiche su satelliti in orbita, esposti a una quantità di radiazione solare maggiore rispetto ai pannelli installati sulla Terra.

L’energia raccolta viene poi inviata verso il pianeta tramite trasmissione wireless, utilizzando microonde o raggi laser, fino a raggiungere stazioni riceventi terrestri.

Queste ultime, note come rectenne, convertono il fascio energetico in elettricità da immettere direttamente in rete o in sistemi di accumulo.

 

Limiti, incognite e condizioni per la scalabilità

La ricerca del King’s College evidenzia alcune barriere che la tecnologia dovrà superare per divenire sostenibile anche dal punto di vista economico.

Tra questi ostacoli figurano i costi iniziali estremamente elevati, il rischio di detriti orbitali, le norme di sicurezza legate ai fasci energetici e la necessità di ottenere consenso pubblico per l’installazione di stazioni riceventi di grandi dimensioni.

Gli autori sottolineano inoltre l’importanza di effettuare voli dimostrativi, utili a verificare l’assemblaggio modulare dei satelliti in orbita e a migliorare la trasmissione wireless su lunghe distanze.

 

Trasmissione laser: il record di DARPA

Uno dei progressi più significativi proviene dagli Stati Uniti. La DARPA, attraverso il programma POWER (Persistent Optical Wireless Energy Relay), ha registrato risultati record nella trasmissione di energia a lunga distanza.

Tra i test più rilevanti spicca la capacità di trasmettere 800 watt in 30 secondi da un laser posizionato a 8,6 chilometri di distanza, insieme al trasferimento complessivo di oltre 1 megajoule di energia.

La tecnologia PRAD (POWER Receiver Array Demo) impiega un’apertura compatta che intercetta il raggio laser e lo convoglia verso decine di celle fotovoltaiche, grazie a uno specchio parabolico che ne ottimizza la riflessione interna.

L’efficienza misurata supera il 20%, un risultato significativo nonostante non fosse l’obiettivo principale della sperimentazione.

 

Programmi internazionali

Il tema è ormai globale.

In Europa, l’ESA ha avviato nel 2024 il programma SOLARIS, volto a valutare la fattibilità industriale del solare orbitale: entro la fine del 2025 è attesa una decisione sull’avvio di un progetto di sviluppo su vasta scala, con un modello di trasmissione basato su microonde a 2,45 GHz dirette verso rectenne terrestri. 

Parallelamente, NASA e JAXA lavorano da anni su concept analoghi, concentrandosi su moduli collocati in orbita geostazionaria e sistemi wireless ad alta efficienza.

Anche la Cina è impegnata su questa frontiera: sta progettando un impianto fotovoltaico orbitante largo un chilometro, posizionato a circa 36.000 km dalla Terra, con un’efficienza teorica oltre dieci volte superiore ai sistemi terrestri e una trasmissione dell’energia tramite microonde verso stazioni riceventi dedicate. 


Tra progresso tecnologico e accettazione pubblica

Se il solare orbitale rappresenta una possibilità concreta, la sua realizzazione dipenderà anche dalla capacità di costruire consenso sociale. La presenza di rectenne su larga scala, l’impiego di laser ad alta intensità e l’impatto visivo delle nuove infrastrutture sollevano interrogativi che vanno oltre la tecnologia. Il rapporto tra sicurezza, percezione del rischio e beneficio collettivo diventerà un nodo centrale. Comprendere come le comunità risponderanno a queste trasformazioni sarà fondamentale per valutare la reale implementabilità del modello. Un tema che richiederà attenzione crescente nei prossimi anni.

 

Tra visione e realismo

Il fotovoltaico orbitale rimane una delle ipotesi più ambiziose nel panorama energetico globale.

Le potenzialità sono elevate, ma parimenti significative sono le sfide tecnologiche, economiche e regolatorie.

Le ricerche attuali e i primi risultati sperimentali indicano tuttavia che la possibilità di integrare energia solare prodotta nello spazio nei sistemi elettrici terrestri non appartiene più soltanto al campo della speculazione scientifica.

È un percorso lungo, ma è iniziato.


Questo contributo è ispirato a un approfondimento pubblicato da sul nostro sito. Solexpert - fotovoltaico facile.
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