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La Corte d’appello di Torino ha stabilito che Fabrizio Gatti, ex presidente di Finpiemonte, non aveva il controllo diretto dei fondi della società. Secondo i giudici, l’eventuale accesso al denaro da parte sua fu possibile solo grazie a documenti falsificati. Per questo motivo, non si può configurare il reato di peculato, ma piuttosto una truffa. È quanto emerge dalle motivazioni della sentenza che, lo scorso 28 marzo, ha annullato le sei condanne inflitte in primo grado, tra cui quella a Gatti, condannato inizialmente a sette anni e sei mesi per il presunto utilizzo illecito di circa sei milioni di euro.
I magistrati torinesi hanno anche disposto il trasferimento degli atti a Roma, ritenendo competente la procura capitolina, ma il procedimento – che riguarda fatti risalenti al periodo 2015-2017, quando Gatti era ancora a capo di Finpiemonte – è ormai prescritto.
Secondo l’accusa, i fondi sarebbero stati trasferiti su un conto aperto da Finpiemonte presso la banca svizzera Vontobel, per poi essere impiegati a favore di una società immobiliare riconducibile a Gatti stesso, in gravi difficoltà economiche. Tuttavia, per la Corte d’appello, non sussistono gli estremi del peculato poiché la disponibilità del denaro è stata ottenuta unicamente tramite false attestazioni inviate in Svizzera nel maggio del 2016.
Durante il processo, Gatti ha sempre negato di aver autorizzato i bonifici, sostenendo che la sua firma fosse stata contraffatta. Una tesi che non aveva convinto i giudici di primo grado. La Corte d’appello, però, ritiene ormai questo dettaglio secondario. "Le disposizioni di bonifico — si legge nella sentenza — furono eseguibili solo grazie a una falsa procura, una delibera del CdA mai avvenuta e il cosiddetto ’lombard loan’, tutti strumenti costruiti ad arte per ingannare".
In sostanza, si trattò di un insieme di raggiri e artifici che avrebbero dovuto essere approfonditi dal tribunale di Roma, visto che il primo trasferimento di fondi avvenne su un conto bancario della capitale il 6 giugno 2016. Tuttavia, anche l’ipotesi di truffa è destinata a cadere, essendo ormai sopraggiunta la prescrizione.
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