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È terminato con nove condanne, la più alte delle quali a quattro anni e otto mesi, il processo per una rivolta che ai primi di agosto del 2024 scoppiò nel carcere minorile di Torino. In totale sono stati inflitti oltre 35 anni di reclusione. La sentenza è stata pronunciata pochi minuti prima della mezzanotte di mercoledì: diversamente sarebbero decadute le misure cautelari e restrittive ancora in vigore per i giovanissimi imputati. La procura aveva chiesto contestato anche il reato di devastazione. Il processo è stato celebrato con rito abbreviato in una delle maxi aule del palazzo di giustizia del capoluogo piemontese. Un decimo imputato ha chiesto e ottenuto la messa alla prova. "E’ assolutamente incomprensibile la scelta di non applicare la nuova fattispecie delittuosa della ’rivolta in un istituto penitenziario’ quando la normativa inserita nel decreto sicurezza è chiara e incontestabile. Il tribunale ha applicato una fattispecie che non si adatta più alla situazione". Questo il commento di uno degli avvocati difensori in merito alla sentenza. "Tutte le polemiche sulla legittimità costituzionale del decreto - ha aggiunto - hanno sfondo politico e non giudiziario. Nel diritto penale si applica la legge più favorevole al reo". "Ovviamente presenteremo appello", ha concluso l’avvocato. "È importante che sia stato riconosciuto il reato di devastazione", ha invece commentato il procuratore presso il tribunale per i minorenni di Torino. "Non si poteva parlare di rivolta: questa figura introdotta solo di recente e peraltro, oltre a far sorgere dei dubbi di costituzionalità, è punita con pene inferiori", ha concluso. Nel corso della sommossa divamparono degli incendi e gli arredi di diverse celle furono danneggiati. Dei tentativi di evasione furono neutralizzati dalla polizia penitenziaria. Le varie fasi della protesta furono registrate con un telefonino introdotto nel carcere di nascosto e dei video che denunciavano il sovraffollamento dell’istituto comparvero sui social.

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