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Ha raccontato in aula la drammatica serata del 19 gennaio Edoardo Borghini, 64 anni, a processo davanti alla corte d’Assise di Novara per l’omicidio del figlio Nicolò, 34 anni, avvenuto in una villetta di Ornavasso, nel Verbano-Cusio-Ossola. "Mio figlio era fuori di sé, forsennato. Ho temuto per la vita di mia moglie e ho pensato che dovevo fermarlo io", ha dichiarato l’uomo con la voce rotta dall’emozione.
Secondo il racconto del padre, quella sera Nicolò era rientrato a casa ubriaco poco dopo le 20, sbattendo la porta blindata e rivolgendo insulti ai genitori, definendoli "bastardi" e accusandoli di non aver aperto il portone del garage pur essendo stati in casa tutto il pomeriggio. La situazione è degenerata quando il giovane, tagliandosi una mano dopo aver colpito un vetro, ha aggredito la madre, prendendola per il collo e sbattendole la testa e il volto contro il muro, mordendole anche un braccio.
Borghini ha descritto i momenti concitati in cui lui e la moglie cercavano di rifugiarsi in cantina. Il primo tentativo è stato impedito dal figlio, che bloccava la donna gridando: "Sono più forte di voi, contro di me non ce la farete mai". Il secondo tentativo, invece, è riuscito, permettendo ai genitori di mettersi in salvo, nonostante fossero in pigiama, senza scarpe e con il freddo della pioggerellina esterna.
Dalla cantina, dove erano rifugiati, si udivano le urla di Nicolò e lo sbattere delle porte. Nell’appartamento, però, era rimasta la cognata, disabile, rinchiusa nella sua stanza. Per proteggere anche lei, Borghini ha spiegato di essere risalito in casa insieme alla moglie, dove poco dopo sono esplosi i due colpi di pistola che hanno causato la morte del figlio.
L’udienza ha così ricostruito una serata di violenza crescente, culminata nella tragedia che ora la corte dovrà valutare nel contesto del processo in corso.