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Per sette attivisti No Tav, accusati per gli episodi avvenuti durante la manifestazione del 27 luglio 2019 davanti al cantiere di Chiomonte, in Valle di Susa, della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, la Cassazione ha dichiarato inammissibile l’ultimo ricorso convalidando così la condanna a dieci mesi di reclusione formulata dalla corte d’appello.
Secondo quanto ricostruito dai giudici, durante il festival musicale ’Alta Felicità’, che si era svolto nei pressi dell’abitato di Venaus, un centinaio di persone sfilarono in corteo tra i boschi e, dopo un confronto con le forze dell’ordine, sfondarono la cancellata che sbarrava il sentiero gallo-romano e si portarono a ridosso del perimetro del cantiere. La Cassazione ha rilevato "l’azione sinergica dei manifestanti", alcuni dei quali si occuparono dei "lanci di pietre" da un costone della montagna mentre altri smontavano il cancello.
Particolarmente significativa è stata la menzione riguardante Giorgio Rossetto, 62 anni, definito un "esponente di spicco" del centro sociale torinese Askatasuna, che secondo la Corte forniva precise indicazioni ai manifestanti. Oltre al danneggiamento e alla resistenza, i giudici hanno convalidato anche il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, in quanto il passaggio lungo i sentieri era stato vietato da un’ordinanza della prefettura.
L’epilogo di questo caso segna un capitolo significativo nella lunga storia di protesta contro la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione, ma al contempo solleva domande sul futuro delle manifestazioni e sulle modalità attraverso cui si esprime la voce dei cittadini in un contesto di tensione sociale e politica.