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  Un fatto che "si colloca indiscutibilmente ai massimi livelli nella scala di gravità del reato di omicidio". Così i giudici della Corte di assise di appello di Torino parlano del caso di Fatima, la bimba di tre anni morta nel gennaio del 2022 dopo essere precipitata dal balcone al quinto piano di una palazzina del centro storico della città.

  Il passaggio è contenuto nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso marzo i giudici hanno confermato la condanna all’ergastolo dell’imputato, Mohssine Azhar, 34 anni. L’uomo, nella ricostruzione dei magistrati, lanciò Fatima nel vuoto, da venti metri di altezza, per "un gesto di stizza a seguito di un banale alterco" con la sua compagna, madre naturale della piccola.

  Mohssine Azhar ha sempre ammesso le proprie responsabilità sostenendo però che si è trattato di un incidente avvenuto mentre giocava con Fatima (il processo ha accertato che i suoi rapporti con la bimba erano ottimi), ed è per questa ragione che i giudici gli hanno negato le attenuanti generiche: a loro avviso "è completamente assente la rivalutazione critica del suo comportamento, consistito in un moto di rabbia volontario e non di una condotta colposa", e mancano da parte sua "segni tangibili di autentica resipiscenza".

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