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In Piemonte l’8,8% delle famiglie nel 2023 ha rinunciato alle prestazioni sanitarie. Il dato più significativo e preoccupante per il Piemonte, che salta all’occhio tra le 200 pagine dell’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe, il settimo, sul Sistema Sanitario Nazionale presentato a Roma, sembra essere proprio questo. Un dato superiore alla media italiana che ha registrato un 7,6% ma è da dire in diminuzione rispetto al 2022 che era pari al 9,6%.
Non c’è da stupirsi perché il trend nazionale è in negativo: dal 2022 al 2023 la percentuale di persone che ha rinunciato alle cure in Italia è cresciuta di 0,6 punti percentuali, e ben dieci Regioni si collocano sopra la media nazionale, la metà dei territori. Un tema caldo e più che mai urgente quello della sanità che interessa tutti, ma che continua a sfiduciare molti. Una popolazione che però diventa sempre più anziana che avrebbe quindi bisogno di cure e assistenza. L’aspettativa di vita alla nascita in Piemonte secondo i dati 2023 è pari a 83 anni con una media italiana di 83,1 anni.
Sempre secondo i dati Gimbe, tra i nodi irrisolti della sanità ci sono i nuovi presìdi, Per quanto riguarda l’attuazione del Pnrr rispetto alle 82 Case della Comunità da attivare entro il 2026 in Piemonte, ne sono state dichiarate attive solo 17, pari solo al 21%. Si tratta di nuove strutture socio-sanitarie, con all’interno équipe multi-professionali composte da medici di Medicina Generale, pediatri specialisti, ambulatoriali, infermieri e psicologi. Delle 43 Centrali Operative Territoriali invece da attivare entro il 2024 risultano pienamente funzionanti 27 Cot, pari al 63% del totale. Le Cot sono presidi di assistenza sanitaria che mirano a diminuire la distanza nei confronti dei cittadini, per esempio occupandosi di potenziamento dell’assistenza domiciliare, anche grazie all’impiego della telemedicina. La nota più dolente però riguarda gli ospedali, dei 27 Ospedali di Comunità da attivare entro il 2026 non ne è stato dichiarato attivo nessuno.
E poi ci sono i Lea, i livelli essenziali di assistenza, tutte quelle prestazioni essenziali che i cittadini hanno diritto ad ottenere, per esempio la profilassi per malattie infettive, la sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, la tutela dai rischi infortunistici sul lavoro. Bisogna tornare un po’ indietro nel tempo, perché Il Piemonte segue un buon trend, adempiendo ai requisiti richiesti. Secondo il rapporto, la percentuale di adempimento negli anni che vanno dal 2010 al 2019 è positiva: il Piemonte ha raggiunto l’87,6%, piazzandosi tra le prime quattro regioni che hanno offerto i livelli essenziali di assistenza. La situazione più critica al sud dove si è rimasti sotto la soglia del 70%. Togliendo i due anni di periodo pandemico, quindi leggendo i dati del 2022 la Regione si conferma in salute da questo punto di vista con una media di assistenza essenziale dell’87%.
Infine, l’ultimo e più che mai nervo scoperto del periodo post pandemico: la presenza di medici e infermieri. Per quanto riguarda il personale sanitario nel 2022 in Piemonte erano presenti 2,09 medici dipendenti ogni mille abitanti, leggermente sotto la media Italiana del 2,11%, 5,4% invece erano gli infermieri dipendenti ogni mille abitanti (con una media Italiana è di 5,13), mentre il rapporto infermieri/medici dipendenti era pari a 2,59.
Le criticità riguardano in particolare i medici di Medicina Generale e i pediatri di libera scelta. Nel primo caso si stima che al 1 gennaio 2023 ne mancassero in tutta la regione 296 e che il 49% di loro superasse il massimale di 1500 pazienti. Per quanto riguarda i pediatri, la carenza sarebbe di 136, per un numero di assistiti medio di 1.108 bambini, dato record nel Paese.