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Non sono i numeri e le storie di un singolo giorno, quelle del 25 novembre, la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne a bastare, a descrivere un fenomeno profondamente radicato nella nostra società. La violenza di genere non è un’emergenza, è quotidiano. Secondo i dati del Ministero dell’Interno dal primo gennaio 2024 sono state uccise 98 donne, delle quali 84 in ambito familiare o affettivo e 51 per mano del partner o ex-partner. Donne che quotidianamente vengono vessate, maltrattate, sottomesse, spesso tra le stesse mura di casa.

In Piemonte solo le Procure di Torino e Ivrea registrano 15 denunce al giorno da parte delle donne. Nel distretto torinese, dal 20 novembre 2023 allo stesso giorno del 2024 si sono registrati 4.841 casi di violenza di genere e domestica contro i 4.710 dell’anno precedente. A questi vanno aggiunti i 900 episodi annuali avvenuti nell’ eporediese. Si parla quindi in totale, solo in questi due territori, di 5.741 casi da «codice rosso» in un anno, 478 al mese, 15 al giorno.

A Torino negli ultimi dodici mesi i casi di maltrattamenti in famiglia sono stati 1.347 contro i 1.296 dell’anno precedente. gli episodi di lesioni intra-familiari sono stati 549, i casi di stalking 554 contro i 543 dell’anno precedente.

Sono tante le realtà che sul territorio cercano di aiutare concretamente le donne vittime di violenza, associazioni, realtà locali, istituzioni. Nel corso del 2023 Telefono Rosa Piemonte ha accolto e preso in carico 749 donne, di ogni età. Tra di esse, 129  hanno tra i 14 e i 29 anni: sono dunque ragazze e giovani donne. Nello stesso segmento di età si collocano 144 autori di violenza:  sono di più,  perché alcune giovani hanno dichiarato attacchi da parte  di più aggressori. In 10 anni telefono rosa ha aiutato 7529 donne.

Ma tutto questo non basta, perché le pagine dei giornali sono ancora piene di storie di soprusi e violenze. A settembre Roua Nabi, una donna di 34 anni è stata uccisa dall’ex marito nel quartiere di Barriera di Milano, davanti ai figli della coppia. La donna di origine tunisina viveva già in uno stato di allarme, l’ex marito era stato dotato di braccialetto elettronico dopo la denuncia della donna. Da agosto era stato disposto il divieto di avvicinamento alla donna. Il dispositivo antiviolenza però non ha funzionato. Solo un mese prima, ad agosto un 80enne aveva sparato alla moglie, poi uccidendosi nella piazza principale di Collegno, nel Torinese, sotto gli occhi di tutti.

E’ stato condannato a 22 anni di carcere invece Paolo Riccone, l’uomo processato ad Alessandria con l’accusa di avere ucciso a coltellate la compagna Floriana Floris. L’omicidio fu commesso a Incisa Scapaccino, in provincia di Asti, il 6 giugno 2023. Casi di cronaca che diventano noti, emblemi di una violenza e una prevaricazione che fatica a desistere, ma che nascondono un problema strutturale, ben al di là di quello che erroneamente viene definito raptus. Un anno fa la morte di Giulia Cecchettin ha mosso le coscienze, portando alla consapevolezza che qualcosa debba cambiare alla base, nel modo in cui vengono cresciuta le nuove generazioni, i giovani uomini e le giovani donne.

E’ nata una fondazione in suo nome, che sia d’aiuto ai ragazzi nel comprendere che la violenza si manifesta in molti modi, emotivo, economico, vessatorio e che bisogna allontanarsi dalla cultura del possesso dell’uomo, che è giusto dare alle donne e agli uomini pari diritti di affermarsi in ambito sociale, famigliare, professionale. Da tempo, per esempio, il Telefono Rosa Piemonte realizza progetti di formazione, di sensibilizzazione e di informazione, soprattutto rivolti alle giovani generazioni.  Nei mesi scorsi ha  indetto un nuovo concorso a premi, riservato a allieve e allievi di  Licei e Istituti Artistici, Grafici e di Design di Torino e provincia. Focus della prova: aiutare a riconoscere i segnali potenzialmente predittivi di un comportamento violento in ambito intra-relazionale. Tanto si sta facendo, ma tanto c’è ancora da fare.

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