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"Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone" apre al pubblico oggi al Mao,  offrendo un’inedita immersione nella cultura materiale nipponica attraverso circa cinquanta haori e juban — giacche sovrakimono e vesti interne maschili —, affiancati da alcuni abiti tradizionali da bambino. I pezzi provengono dalla collezione Manavello e dialogano con installazioni di artisti contemporanei, in un percorso che intreccia memoria storica e linguaggi visivi attuali.


Si tratta di un progetto senza precedenti né in Italia né nel resto d’Europa, una proposta espositiva che si distingue nel panorama dedicato all’arte e alla cultura dell’Estremo Oriente.


Le decorazioni che impreziosiscono i tessuti non si limitano a testimoniare l’alto artigianato del periodo, ma si rivelano veri e propri documenti storici: raccontano il Giappone del primo Novecento, un’epoca di profonda trasformazione segnata da rapide modernizzazioni, tensioni imperiali e dinamiche politiche che ridisegnarono gli equilibri dell’Asia orientale. Le opere contemporanee inserite nel percorso non svolgono una funzione meramente decorativa, ma propongono chiavi di lettura e strumenti di riflessione, accompagnando il visitatore attraverso una stagione storica complessa, e ancora poco indagata in Italia, nei suoi rapporti con Cina e Corea.


Il progetto nasce grazie alla consulenza curatoriale di Silvia Vesco, docente di Storia dell’Arte Giapponese all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Lydia Manavello, You Mi, curatrice indipendente e docente di Arte ed Economia presso l’Università di Kassel, in stretta collaborazione con il direttore del MAO, Davide Quadrio, la curatrice Anna Musini e con l’assistenza di Francesca Corrias.

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