Condividi:
Il 29 maggio 2015 entra in vigore la legge 68 sui reati ambientali. E a quasi 10 anni dall’attuazione delle norme che tutelano ambiente e paesaggio, le associazioni Legambiente e Libera stilano un bilancio dei primi dieci anni di applicazione, fino al 2024. In tutto quasi 7000 reati accertati, uno ogni tre controlli, con un valore totale di beni sequestrati di oltre 1 miliardo e 155 milioni di euro.
La Campania, con 1.440 reati, è in cima a questa classifica non proprio lusinghiera degli illeciti ambientali, seguita dalla Sardegna e dalla Puglia. Il Piemonte occupa il nono posto, con 341 reati. Sul fronte del valore dei beni sequestrati è la Sicilia, la regione che si accaparra il podio della classifica, con 432 milioni di euro, seguita da Campania e Calabria. Il Piemonte in questo caso è al decimo posto per i sequestri, il cui valore totale supera i 17 milioni.
I delitti più comuni in ambito ambientale riguardano, in cima alla lista, l’inquinamento ambientale, un reato che prima del 2015 non esisteva nemmeno nel codice penale italiano. Seguono il traffico organizzato di rifiuti, il disastro ambientale, l’omessa bonifica e i delitti colposi contro l’ambiente, tutte fattispecie introdotte o rafforzate dalla riforma del 2015. In alcuni casi, gli inquinamenti hanno provocato morte o gravi lesioni, con 19 reati accertati legati direttamente a queste tragiche conseguenze. Un dato particolarmente preoccupante è che, per ogni tre controlli effettuati, emerge almeno un reato penale, un’incidenza altissima che evidenzia quanto il fenomeno resti sommerso e quanto, nonostante i progressi nella repressione, la lotta contro gli ecoreati sia ancora lontana dal raggiungere una reale efficacia deterrente. “Questa è stata una riforma di civiltà – dichiarano Legambiente e Libera – che ha permesso di trasformare denunce in processi, e processi in condanne. Ma ora servono altre leggi, a partire dal recepimento della nuova direttiva Ue sulla tutela penale dell’ambiente”.