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Crescita quasi a zero, rallentamento delle esportazioni e stabilità del credito. I segnali di un’economia di stagnazione per il Piemonte ci sono tutti. Nel primo trimestre 2025 la nostra regione arranca e deve accontentarsi, in termini di prodotto interno lordo, di un misero +0,1% su base annua, ovvero in confronto allo stesso periodo del 2024, e di un +0,2% sul trimestre precedente. Un’economia che cresce dunque, ma di pochissimo. Sono le stime calcolate dal Comitato Torino Finanza che lancia l’allarme, organismo della Camera di commercio, con il Pilnow, il superindice che prevede i dati sul Prodotto interno lordo regionale che saranno poi diffusi dall’Istat dodici mesi dopo il periodo considerato. E la «colpa» di questa situazione non si può attribuire al contesto.
I valori della regione infatti risultano inferiori sia alla media nazionale sia a quella dell’Unione europea, che sta crescendo senza il solito apporto della Germania che con la sua recessione ha avuto un impatto negativo sulle esportazioni piemontesi, scese del 9%, con il settore più colpito che è quello dell’automotive. Un calo che non viene compensato dal boom del turismo internazionale. È aumentato di poco il credito alle imprese, indicatore di un freno negli investimenti, prosegue ancora l’analisi del Comitato. Consumi giù dello 0,1 per cento, causa inflazione. E non sono ancora visibili gli effetti dei dazi americani. Ma il Piemonte deve guardare oltre Germania e Stati Uniti: l’Europa cresce, nonostante la frenata tedesca, e offre opportunità, commenta il presidente di Torino Finanza, Vladimiro Rambaldi: per questo motivo servono - aggiunge - “politiche industriali più aggressive per conquistare altri mercati esteri e sostenere l’innovazione”. Dello stesso avviso Gian Paolo Coscia, presidente di Unioncamere Piemonte: «I segnali di una stagnazione sono evidenti, per sostenere la competitività regionale occorre orientare le strategie verso una maggiore diversificazione dei mercati e un rafforzamento dell’innovazione». Il Piemonte, con un Pil complessivo di 135 miliardi, è in frenata, e questo soprattutto a causa della crisi della manifattura e dal crollo dell’export, con alcuni Paesi che hanno sempre rappresentato una fetta importante degli scambi che oggi fanno un passo indietro.
Intanto il quadro congiunturale piemontese presenta segnali contrastanti. Da una parte l’occupazione è in leggero aumento facendo registrare un (+1%), ma dall’altra la cassa integrazione è impennata da 3 a 8 milioni di ore al mese. Un dato che si traduce in 0,54 punti di Pil svaniti nel nulla. Altra cattiva notizia è quella riferita all’inflazione, risalita all’1,8%, con aumenti sopra la media per turismo (+4,7%), bollette e servizi casa (+4,5%) e generi alimentari (+3,2%). 

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